Lo zolfo è sicuramente uno dei più antichi prodotti antirittogamici utilizzati in agricoltura. La sua affermazione risale a metà Ottocento, quando se ne dimostrarono le doti fungicide nei confronti dell’Oidio della vite. Un giardiniere inglese, E. Tucker, nel 1845 osservò strane macchie sulle foglie delle viti allevate in serra a Margate, presso la foce del Tamigi. L’attento giardiniere inviò un campione di foglie ricoperte dalla misteriosa polvere biancasta a Miles Joseph Berkley, un reverendo che si occupava con profitto di micologia (gli si attribuisce la classificazione di circa 6000 specie fungine), considerato uno dei fondatori della moderna patologia vegetale. L’attento studioso non faticò a identificare come responsabile di quella manifestazione un fungo che denominò Oidium tuckeri, in onore dell’omonimo giardiniere. Nel frattempo era già iniziata la disastrosa avanzata dell’Oidio. La malattia pochi anni dopo si diffuse in Francia, per poi arrivare anche in Italia nel 1850. Alla ricerca di un rimedio per combattere il fungo, nel 1860 un altro girdiniere inglese, Kyle, si accorse che i trattamenti con lo zolfo avevano la capacità di ostacolarne lo sviluppo. I forti pegiudi sorti attorno allo zolfo ostacoleranno però per diversi anni l’impiego di questo prodotto in agricoltura. Più tardi l’utilizzo si diffonderà anche in frutticoltura, orticoltura e floricoltura , nella lotta alle Erisifacee (Oidi).

Oggi sappiamo che oltre che nei confronti dei funghi responsabili dell’Oidio o “mal bianco”,

Di Maccheek at English Wikipedia, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=971184
Oidio su grappolo
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Erinosi su vite

lo zolfo è in grado di svolgere un’efficace azione di contenimento nei confronti di diversi acari eriofidi, come l’Eriophyes vitis (Erinosi della vite, vedi foto) e Calipetrimerus vitis (Acariosi della vite)

Altre malattie fungine nei confronti delle quali viene riconosciuta un’azione collaterale dello zolfo sono:

  • Escoriosi (Phomopsis viticola)
  • Ticchiolatura del melo (Venturia inaequalis)
  • Nerume delle drupacee (Cladosporium carpophilum)
  • Patina bianca del melo (Thialopsis spp.)
  • Black rot (Guignardia bidwelli)

Meccanismi d’azione Sin dalla sua introduzione sono state avanzate diverse ipotesi sui possibili meccanismi d’azione dello zolfo. Attualmente si ritiene che agisca allo stato di vapore rompendo parete e membrana cellulare dei funghi attraverso una azione liposolvente e disidratante. A livello della catena respiratoria entra in competizione con l’ossigeno, impedendo la formazione di ATP, con perdita di energia a livello cellulare. Agendo a livello cellulare su più bersagli (azione multisito) non crea problemi di resistenza. Sappiamo che la sua azione fungicida dipende dalla temperatura, dall’umidità relativa dell’aria e dal grado di finezza delle particelle. Per esplicare la sua azione biologica deve infatti passare dallo stato solido a quello di vapore. Questo passaggio di stato è ostacolato dalle basse temperature e dall’elevata umidità, con conseguente riduzione d’efficacia fungicida. Gli zolfi più fini iniziano ad essere attivi intorno ai 10-12°C, mentre i formulati con particelle più grosse necessitano di almeno 18-20°C. Oltre i 28°C lo zolfo può divenire fitotossico, in misura maggiore quanto più fini sono le particelle. Le elevate temperature inducono infatti un elevato passaggio allo stato di vapore Il grado di finezza delle particelle di zolfo nei diversi formulati ne influenza dunque l’efficacia. Gli zolfi per trattamenti liquidi, composti da particelle più fini, manifestano un’efficacia superiore dei formulati polverulenti, che richiedono dosaggi di impiego superiori.

Formulazioni commerciali. Lo zolfo è presente in commercio in diverse formulazioni raggruppabili in due distinti gruppi, a seconda siano utilizzabili per trattamenti polverulenti o liquidi.

Per i trattamenti polverulenti si possono impiegare gli zolfi sublimati, ottenuti dalla distillazione del minerale grezzo e formati da particelle di 5-14 micron, zolfi ventilati, ottenuti per macinazione del minerale grezzo e conteneti particelle di15-150 micron.

Per i trattamenti liquidi si impiegano gli zolfi baganabili , preparati dagli zolfi ventilati con aggiunta di apposite sostanze; zolfi micronizzati, ottenuti per macinazione di zolfi ventilati e sublimati; zolfi colloidali, prodotti con processi chimici, con zolfo allo stadio di colloide, quindi più fini dei micronizzati. Sono anche disponibili formullazioni liquide , flowable e sospensione concentrata, sempre per trattamenti liquidi

Modalità d’azione. Lo zolfo possiede una buona attività preventiva ed anche eradicante (soprattutto nelle formulazioni in polvere). In virtù della discreta capacità di penetrazione all’inerno della vegetazione e di una buona efficacia di azione, nelle fasi di maggiore pressione della malattia e/o in presenza di infezioni attive, sono consigliabili applicazioni di zolfo in polvere (25-35 kg). Gli zolfi bagnabili esercitano un’azione prevalentemente di tipo preventivo ed hanno una minor persistenza d’azione rispetto a quelli in polvere (5-7 giorni a seconda delle condizioni ambientali). A dosaggi elevati (sempre facendo riferimento a quanto riportato in etichetta) possono comunque rallentare o bloccare lo sviluppo del micelio.

Effetti dello zolfo su organismi non bersaglio. La tossicità nei confronti dei mammiferi è molto bassa; è poco tossico per i pesci e i rischi per flora e fauna selvatici sono lievi. Nei formulat commerciali deve essere riportata la dichiarazione di assenza di selenio, un metalloide chimicamente affine allo zolfo, tossico per l’uomo e gli animali. Realativamente all’entomofauna e ad altri invertebrati, lo zolfo è poco tossico per le api, mentre può risultare tossico per alcuni insetti utili, quali gli imenotteri parassiti del genere Trichogramma e manifestare una moderata tossicità per gli acari Fitoseidi Amblyseius potentillae e A. andersoni e per alcuni Miridi e Antocorid

Compatibilità con altri prodotti fitosanitari. I formulati commercili a base di zolfo possno creare problemi di compatibilità e/o fitotossicità quando vengano miscelati con alcuni prodotti fitosanitari. E’ consigliabile distanziare di almeno 21 giorni i trattamenti a base di zolfo da quelli a base di oli minerali e captano per prevenire rischi di fitotossicità. Sconsigliabile anche la miscela con antiparassitari a reazione alcalina.

Come sopra riportato, in condizioni di temperatura elevata (>30°C) tutti gli zolfi possono risultare fitotossici, in particolare se impiegati a dosi alte e a formulati molto fini. Durante l’estate è quindi preferibile trattare nelle ore più fresche della giornata.

La fitotossicità è anche legata alla sensebilità varietale. Nelle etichette sovente vengono specificate le varietà di melo, pero, vite ecc. suscettibili rischi di fitotossici. Occorre porre attenzione anche all’impiego dello zolfo su cucurbitacee.

ATTENZIONE: attenersi sempre scrupolosamente alle indicazioni riportate sulle etichette dei prodotti